Win or Lose, la recensione della serie animata Pixar a soggetto originale
Win or Lose in streaming su Disney+ riveste un'importanza particolare per la Pixar: è la loro prima serie a soggetto originale, che arriva dopo l'eccellente Dream Productions, spin-off di Inside Out. Una finale di softball diventa il motore narrativo per uno sguardo empatico sulla prima adolescenza (e non solo). La nostra recensione.
Nella settimana che porta a una finale di softball, otto personaggi, adulti o ragazzini, vivono a modo loro le tensioni. Seguiamo vari piccoli grandi drammi: Laurie è la figlia del coach ma è negata al gioco; l'arbitro Frank si finge sicuro ma ha solo una corazza; Rochelle vende di nascosto i compiti ai compagni di scuola, per pagarsi il campionato dell'anno prossimo, mentre la madre Vanessa sembra pensare solo a fare l'influencer; Vanessa in realtà tira a campare e si consola con l'influencing; il piccolo Ira perde il rapporto con sua sorella Taylor, infatuata del primo fidanzato Yuwen, così frequenta cattive compagnie; Yuwen si atteggia a grande lanciatore ma dipende dall'acclamazione degli altri, Taylor in primis; Kai non regge il peso delle aspettative di suo padre. Il coach Dan, parafulmine di tutte le crisi sul campo, sta per scoppiare.
Ideata, scritta e in gran parte diretta da Carrie Hobson e Michael Yates, già story artist per lo studio, Win or Lose è importante perché è la prima serie a soggetto originale della Pixar, in gestazione per quasi cinque anni. La sua struttura narrativa non è originalissima, anche se serve bene la ricerca dell'empatìa nelle piccole imprese quotidiane, colonna della poetica pixariana: ciascun personaggio protagonista di un episodio tocca tangenzialmente le storie degli altri, che nella sua cronologia degli eventi sono solo dei comprimari. Viene quindi enfatizzato il concetto di punto di vista, come un necessario passo vero la comprensione della complessità del mondo: sono le nostre maschere a interagire con gli altri, le persone che siamo davvero vengono a galla solo quando chi ci sta intorno fa quel passo in più per andare oltre il muro.
La funzione didattica è molto chiara, così Win or Lose diventa un prodotto perfetto per una piattaforma come Disney+, rivolta a tutta la famiglia, dove la famiglia stessa è al centro di tutto. Anzi, la serie intera sembra invitare figli, figlie, mamme e papà a capirsi di più, non risparmiando le trappole in cui tutti possono cadere: genitori distratti e figli costretti ad autogestirsi troppo presto, genitori troppo presenti che ascoltano più sé stessi che i figli, adulti che mettono a repentaglio la loro funzione guida a causa dei propri nodi mai sciolti. Persino le buone intenzioni possono produrre cattivi risultati, perché non ci sono ricette magiche. Non tutti gli episodi incarnano al meglio questo panorama, personalmente abbiamo trovato la sequenza Rochelle / Vanessa la più convincente, per ritmo ed emotività, mentre la storia di Ira è la più divertente. L'episodio di Kai è stato un po' compromesso dalla decisione in corso d'opera di rimuovere la sua identità transgender, rendendolo un po' troppo vago e simile ad altri.
Non possiamo che raccomandare Win or Lose a chi desideri avviare questo percorso di comprensione reciproca insieme ai propri figli e figlie, però dobbiamo anche riscontrare che nella serie non c'è nulla di davvero nuovo nella filmografia pixariana. Quando la produzione è stata avviata non avevamo ancora visto Red di Domee Shi, dal quale lo stile di animazione buffonesco a scatti, l'attenzione alla prima adolescenza e il rapporto con i genitori sembrano arrivare. E la rappresentazione metaforica degli stati d'animo, con cambi repentini della direzione artistica, per quanto sempre raffinata e in alcuni casi anche commovente, dopo gli Inside Out rischia di sembrare risaputa anche quando c'è un tale lavoro nella sua messa in scena. Il character design aderisce inoltre ormai a uno standard pixariano che avrebbe bisogno di una rinfrescata.
Win or Lose non ci è sembrata una serie qualsiasi, bensì una "Pixar qualsiasi", perdendo il confronto diretto con la sorprendente Dream Productions di qualche mese fa.
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- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"