Supersex, vita e tormenti di Rocco Siffredi: La recensione della serie Netflix
Su Netflix è arrivata Supersex, la serie che racconta la storia del pornodivo più famoso di sempre rendendolo fragile, irrisolto e scivoloso. In una parola: umano. A interpretarlo un eclettico Alessandro Borghi, capace di incarnare le diverse sfumature di un personaggio che solo adesso si mette a nudo. Per davvero. La nostra recensione.
Supersex inizia come la più classica origin story del supereroe: il piccolo Rocco Tano, nato in una famiglia di umili origini di Ortona, scopre di avere un superpotere. Solo che quel superpotere è tra le sue gambe. "Tra le cosce degli uomini e delle donne c'è la dinamite", gli dice suo fratello Tommaso. Il piccolo Rocco ascolta ma non capisce il significato di queste parole fino a quando non impara a controllarla, quella dinamite. Inizia così il suo viaggio dalla provincia italiana a Parigi, dai set striminziti in palazzi abitati da perbenisti alle maestose ville Los Angeles, fino a Cannes dove verrà consacrato come il più grande attore porno europeo. Ma a che prezzo? Supersex, creata e scritta da Francesca Manieri e disponibile con i suoi 7 episodi in streaming su Netflix, è la storia di Rocco Siffredi, ma soprattutto è la storia di Rocco Tano. E questo è bene tenerlo a mente prima di iniziare la visione.
Supersex, genesi e caduta di un supereroe
L'approccio che Francesca Manieri, i produttori di The Apartment e Groenlandia e i registi Matteo Rovere, Francesco Carrozzini e Francesca Mazzoleni hanno usato in Supersex è subito chiaro. La serie è costruita come un vero e proprio racconto di formazione che attraversa la vita di Rocco fin dall'infanzia soffermandosi anche sugli anni d'oro del porno, gli '80 e i '90; quando questo genere godeva ancora del fascino del proibito e internet non l'aveva ancora reso così accessibile, e quindi frivolo. Gli autori ci mostrano il rapporto di Rocco con la madre e il fratellastro Tommaso, per lui modello e condanna, il lutto e la perdita, il bisogno di evasione e poi la rivalsa. E ancora gli scherzi del destino, le persone che gli cambiano la vita e il tentativo di conciliare sessualità e amore, la sfida più difficile di tutte.
Lo seguiamo da quando, da bambino (interpretato dal piccolo Marco Fiore), trova per la prima volta la rivista hard di Supersex e affronta i bulli del paese. Poi a Parigi, dove quasi ventenne (interpretato da Saul Nanni) si trasferisce insieme a Tommaso (Adriano Giannini) e alla fidanzata di lui Lucia (Jasmine Trinca), la ragazza più desiderata di Ortona considerata da tutti, allo stesso tempo, una poco di buono. Lì conosce per la prima volta il sesso ma, soprattutto, esplora la sua emotività.
Lucia, un personaggio creato dagli sceneggiatori come sintesi delle diverse donne con cui Rocco si è esposto nel profondo, è l'espediente usato dagli autori per far dialogare il protagonista con se stesso. Vittima della prepotenza di Tommaso e, allo stesso tempo, donna in cerca della propria libertà, è lo specchio che pone Rocco di fronte alla mascolinità tossica che, suo malgrado, incarna. Di cui, anzi, è la rappresentazioni più fulgida. "Io vi odio voi uomini. I vostri cazzi mi hanno prosciugato l'amore", gli dirà a un certo punto. E anche Rocco, una volta diventato lui quel Supersex che tanto venerava, trova nel suo superpotere la sua condanna e si chiede se conoscerà mai l'amore. È soprattutto in questi momenti che la scrittura di Francesca Manieri, amplificata soprattutto dal voiceover affidato ad Alessandro Borghi, si fa melodia ed eleva il tono di questa serie. Borghi si spende sia fisicamente che emotivamente in questo ruolo. Si mostra ora impavido, ora vulnerabile e riesce a omaggiare il vero Rocco senza imitarlo pedissequamente. Eppure cade, talvolta, nella caricatura non riuscendo a sparire completamente dietro quella maschera.
Recensione di Supersex: Oltre il porno, la vita
Alla fine Supersex, per come è scritta e per come è diretta, si posiziona nel catalogo Netflix tra le serie d'autore, sullo stesso piano di prodotti come La vita bugiarda degli adulti. Non è esattamente la serie che ci aspettavamo, ma forse è la serie di cui avevamo bisogno. Probabilmente proprio questo volevano Netflix e gli autori, lasciarci un po' disorientati. Come tutte le serie di questo tipo, potrebbe risultare spiazzante per quegli spettatori che si configuravano un prodotto d'evasione, più pop e più frizzante. Il ritmo, soprattutto nei primi episodi, invece è lento. Il racconto si prende i suoi tempi e, come un bravo amante, dà importanza ai preliminari. E dal momento in cui esplode, precisamente alla fine del terzo episodio quando Rocco Tano diventa ufficialmente Rocco Siffredi, non troviamo mai il sesso fine a se stesso. Troviamo, invece, i sentimenti e una riflessione su una società fallocentrica che alza muri invece di costruire ponti tra i generi, un'analisi dell'atto sessuale come forza motrice che fa girare il mondo ma che sa anche annientare gli esseri umani. Solo allora questo Rocco Siffredi si mette a nudo, ma lo fa più metaforicamente che letteralmente. Anche le scene di nudo integrale, difatti, sono progettate e inserite chirurgicamente per enfatizzare i momenti più importanti della vita di Rocco. Diventano quasi dei riti di passaggio di un'esistenza straordinaria che si riscopre come tante. Di chi lotta costantemente per capire quale sia il proprio posto nel mondo e che alla fine, solo grazie all'amore, si salva.
Foto: Netflix/Lucia Iuorio
- Giornalista professionista
- Appassionata di Serie TV e telespettatrice critica e curiosa