30 notti con il mio ex: Guido Chiesa, Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti parlano del film sull'amore e il disagio mentale
Da 17 aprile sarà al cinema 30 notti con il mio ex, il film di Guido Chiesa con Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti che parla di disagio mentale e di una coppia che vorrebbe stare insieme ma forse non è in grado di farlo.

Sono molteplici e sempre attuali i temi affrontati da 30 notti con il mio ex, che non è una commedia romantica in stile british, come potrebbe suggerire il titolo, ma un film che parla di disagio mentale, difficoltà di mettersi nei panni degli altri, vita di coppia, famiglia, dialogo e diversità.
Diretto da Guido Chiesa e interpretato da Edoardo Leo e Micaela Ramazzotti, 30 notti con il mio ex non è un film drammatico ma sceglie di mescolare leggerezza e malinconia non smettendo nemmeno per un istante di amare profondamente i suoi personaggi. Bruno e Terry, che si ritrovano a vivere sotto lo stesso tetto per un mese per rendere più semplice e graduale il ritorno di Terry alla normalità dopo un percorso di recupero emotivo, sono pieni di umanità e teneri nelle loro debolezze e nel loro sforzo di trovare un nuovo equilibrio. Addirittura provano a scambiarsi i ruoli pur di andare d’accordo. Riusciranno a ritrovarsi? Questo non possiamo rivelarlo, e allora vi raccontiamo cosa hanno detto regista e protagonisti nel corso della presentazione alla stampa di questa mattina al Cinema Barberini di Roma. Ad aprire le danze è stato Guido Chiesa, che ha spiegato: “Ci è parso chiaro fin dall’inizio, quando abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura con Michele Abatantuono e Nicoletta Micheli, che il nostro era un film che parlava di una coppia distrutta per il disagio mentale di uno dei due ma anche per la paura dell’altro. Ci siamo però accorti immediatamente che si trattava di una storia che affrontava un argomento universale, che è la difficoltà che abbiamo tutti di relazionarci con l’altro. L’altro può essere il proprio partner, il proprio figlio, il proprio datore di lavoro, il proprio collega d’ufficio, il proprio compagno di scuola. L’altro è sempre il nostro limite, perché noi vorremmo che l’altro fosse come vogliamo noi. Nel film due persone che si vogliono molto bene - una che è terrorizzata e l’altra che così piena di vita che ogni tanto spariglia tutte le carte - riescono alla fine, mettendosi poco per volta nei panni l’una dell’altra a dialogare. Non volevamo fare un film regressivo e negativo su questo argomento, che è stato spesso affrontato dal cinema in chiave depressiva, perché pensavamo che se ne potesse parlare in termini diversi, un po’ come ha fatto nel passato la grande commedia all’italiana”.
Non è la prima volta che Micaela Ramazzotti interpreta una donna affetta da un disagio mentale, però Terry le è piaciuta particolarmente, forse perché ha la sua stessa autenticità, schiettezza e gioia di vivere: “Di pazzerelle al cinema ne ho interpretate tante nella mia filmografia, però erano persone sempre molto chiuse nella loro interiorità e depresse. In questo caso mi piaceva l’idea di esplorare un personaggio attivo, affamato di vita, desideroso di stare al mondo. Terry ha avuto la fortuna di avere una rete di persone, a partire da un ex marito che riesce ad accoglierla in casa, una figlia che le vuole bene e a cui è legata, una psicologa brava, un centro diurno, una comunità terapeutica. Non bisogna avere paura della malattia mentale. Ci sono cose che vanno affrontate, e affrontarle in posti dove ti accolgono e dove puoi migliorare aiuta tantissimo, e per fortuna esistono famiglie in cui si parla. Terry ha fatto coming out nella sua follia. Ne parla sempre, di continuo, anche troppo, mettendo in imbarazzo Bruno. Quando non se parla, la malattia cresce, il disagio aumenta, lo stigma anche, perché hanno tutti paura di avere un matto in casa. Chi è che non ha un matto in famiglia? Bisogna accettare la malattia mentale, perché la mente umana è fatta di paure e di fragilità, però si può guarire e stare di nuovo al mondo, anche perché chi sta in queste strutture, ha già attivato un percorso di guarigione. È chi sta fuori che mi fa più paura”.
Il personaggio di Edoardo Leo è molto diverso da Terry. Bruno è prima di tutto divorato dall’ansia e, da unico genitore, si è dato delle regole che hanno finito per ingabbiarlo. Per fortuna lui e Terry decidono di prendere uno il posto (e gli atteggiamenti) dell’altro, cosa che per l’attore meriterebbe di essere tentata anche nella realtà: “Scambiarsi i ruoli all’interno di una coppia potrebbe essere non solo divertente ma soprattutto utile. Non sarebbe male poter dire al proprio compagno o alla propria compagna: ‘Fai la mia imitazione’, perché potresti scoprire delle cose di te che magari la tua compagna o il tuo compagno non hanno il potere di dirti. Ma se giocano a imitarti, magari ti rendi conto di aspetti che non sopportano, quindi potrebbe essere un giochino divertente da fare a casa, senza dimenticare che nel gioco c’è una parte profonda, che significa mettersi nei panni degli altri”.
Leo riflette infine sui temi di 30 notti con il mio ex e conclude: “Questo film affronta un tema di fondo che riguarda tutti. Tutti noi abbiamo amato o siamo stati amati da qualcuno con il quale è stato difficile convivere. Tutti noi abbiamo avuto un grande amore che non si è riuscito a concretizzare, una relazione in cui non si riusciva a stare insieme. Questa sensazione di frustrazione l’abbiamo provata tutti da piccoli o da grandi e ci siamo domandati: ‘Perché non riusciamo a passare una giornata insieme senza litigare?’ Questa cosa il film la racconta benissimo e credo che molta gente ci si ritroverà”.