Senza rimorso di Tom Clancy: la recensione del film d'azione con Michael B. Jordan

29 aprile 2021
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Stefano Sollima porta a casa un film solido, preciso e quadrato dal punto di vista dell'azione e dall'adrenalina, erede diretto di certo cinema action americano degli anni Ottanta. Peccato gli intrighi spionistici siano assai esili e le psicologie piatte. Disponibile in streaming su Prime Video. Recensione di Federico Gironi.

Senza rimorso di Tom Clancy: la recensione del film d'azione con Michael B. Jordan

In precedenza ha avuto il volto di Willem Dafoe e Liev Schreiber. Ora, tocca a Michael B. Jordan interpretare John Clark, amato personaggio del Ryanverse di Tom Clancy, in una origin story che spiega come il Navy SEAL John Kelly abbia assunto un nuovo cognome, e sa tanto d'inizio di una saga.
Una missione in Siria, e poi a casa, dove però qualcuno uccide sua moglie (pure incinta) nel tentativo, vano, di far fuori lui. Ed ecco che il SEAL si tramuta in vendicatore spietato, la cui furia incontrollabile viene usata dalla CIA per i suoi scopi, anche se poi le cose - come spesso accade nello spionaggio - non sono mai quello che sembrano.

John è uno di quei tipi con i quali è bene non discutere. Uno di quelli che a mani nude si libera senza tanti problemi di una mezza dozzina di rivali armati di manganelli: figuriamoci poi se gli si mettono in mano delle armi quanto può far male. "Un uomo arsenale", per usare le parole di Jack Burton: ma qui, si badi, d'ironia non c'è nemmeno la più piccola traccia.
Senza rimorso è invece un film che sembra riportare d'attualità l'action culturista e repubblicano degli anni Ottanta, e John pare un personaggio uscito dai Rambo (dal II in avanti) di Stallone o dai Commando di Schwarzenegger. Tanto più che Jordan, che con Stallone ha pure lavorato nella serie di Creed, ha tanti muscoli e poche espressioni: proprio come quei modelli trenta e più anni fa.
Rispetto ad allora la fede patriottica è meno monolitica, certo: il John di Jordan si apre al dubbio sull'America che ha servito, proprio come i contractor di 13 Hours, e le divisioni dolorose e pericolose degli Stati Uniti trumpiani, che Biden sta cercando di ricucire, vengono esplicitamente tirate in ballo, anche se solo nel finale.

Figlio di suo padre, e bravo erede di una tradizione di cinema di genere italiano che si stava perdendo, e che anche grazie a lui ha trovato nuova vita e nuove forme espressive negli ultimi anni, Stefano Sollima non è autore, ma artigiano.
Proprio come in Soldado, porta a casa dall'America un film preciso e quadrato, gestendo con competenza gli aspetti tattici e balistici della vicenda. Sui risvolti psicologici e geopolitici della storia fa quel che può, sulla base del materiale che ha: ma, sebbene infili dentro alle vicende un filo di crepuscolarismo tutto europeo, non riesce mai davvero a imprimere un marchio personale e riconoscibile nel contesto di una Hollywood che impone estetica, tempi, modi e paletti.  E nonostante tutti gli sforzi di regia le tessiture spionistiche sono esili, e i personaggi piuttosto bidimensionali, nonostante lo sforzo di renderli ambigui moralmente.

Film come Senza rimorso, d'altronde, non sono lavori d'autore, ma di squadra (nella squadra, lato attori, ci sono anche Jodie Turner-Smith, bellissima sfinge nera dall'impassibile umanità, e il meravigliosamente sgradevole Brett Gelman, l'uomo che Fleabag ci ha insegnato a odiare). E le responsabilità più grandi, nella squadra, non sono affatto di Sollima o dei suoi interpreti, ma di Taylor Sheridan, sceneggiatore di questo film (con Will Staples) e di titoli come Sicario, Soldato e Hell or High Water (tutti copioni nobilitati dalla mano dei rispettivi registi),  che si conferma uno dei nomi più sopravvalutati della Hollywood contemporanea, e mostra tutti i limiti della sua scrittura.
Laddove Sheridan non può far danno è la forma. Sono l’azione, il dinamismo, l’adrenalina: che in un film come Senza rimorso, alla fine dei conti, sono tutto ciò che serve. Come ai bei tempi degli anni Ottanta.
E, a ben vedere, che sia così non è nemmeno necessariamente un male. Anzi: fossero stati tutti più orgogliosi di questo, e meno preoccupati di ostentare ambizioni più alte e complesse, sarebbe stato un bene.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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