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Alice Rohrwacher: "Desidero litigare tantissimo e poi fare pace, per dimostrare al mondo che la pace è possibile"

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A capo della giuria che premia la miglior opera prima del settantottesimo Festival di Cannes c'è Alice Rohrwacher, che non vede l'ora di scoprire la carica rivoluzionaria e la freschezza delle 28 opere prime che dovrà giudicare. Abbiamo incontrato la regista poche ore fa.

Alice Rohrwacher: "Desidero litigare tantissimo e poi fare pace, per dimostrare al mondo che la pace è possibile"

Il Festival di Cannes, nella persona di Monsieur Le Directeur Thierry Frémaux, ama molto il cinema di Alice Rohrwacher, tanto da ospitare, prima nella Quinzaine des réalisateurs e poi in concorso, la sua intera filmografia. Se nel 2011 Alice ha portato al festival des festivals Corpo celeste, nel 2014 ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria con Le Meraviglie, per poi aggiudicarsi nel 2018 il Prix du Scénario con Lazzaro Felice e nel 2023 il Premio AFCEA Art House Cinema Award grazie a La Chimera. Frémaux considera Alice Rohrwacher come una degli eredi del cinema dei Lumière, complimento che la regista sembra aver gradito in particolar modo perché i padri del cinema erano due fratelli e lei non può pensarsi senza sua sorella Alba, che ha diretto per tre volte e che fa parte della giuria del concorso della settantottesima edizione del Festival di Cannes. Alice, invece, è a capo della giuria che quest'anno assegna la Caméra d'Or, e cioè il premio per la miglior opera prima.

Incontriamo Alice Rohrwacher insieme a un piccolo gruppo di colleghi sulla terrazza dell'Hotel Le Majestic e subito ci dice di non aver ancora incontrato i suoi compagni di lavoro e che quindi non può dirci niente di loro. Nonostante questo, ha ben chiaro il suo compito di guida dei giurati: "Il criterio è quello del dialogo e del confronto: vedere tutti i film insieme e fare sì che questa giuria non si disperda. Non so ancora cosa mi aspetta, ma penso che sarà stimolante litigare, perché la cosa più bella di tutte è fare pace, quindi desidero litigare tantissimo e poi fare pace, per dimostrare al mondo che la pace è possibile. Sicuramente la Camera d'Or può cambiare la vita di un autore, per cui scegliere a chi dare il premio è una grande responsabilità, e mi piace perché si tratta di una responsabilità condivisa con altri artisti, e ciò la rende una responsabilità democratica". 

Nei film che vedrà nei prossimi giorni, Alice Rohrwacher spera di trovare "i semi di un cambiamento capace di inceppare il sistema". Per la regista i primi film sono quasi sempre opere di rottura: "Io penso che le opere prime siano i film che meglio racchiudono come uno scrigno l'anima di un autore. Il primo film è veramente la più grande possibilità che abbiamo di non farci scrupoli, di esprimere con libertà la necessità che avvertiamo. Prima ancora di pensare alla storia, c'è una necessità dentro a un'opera d'esordio. Forse è per questo che l'idea di vederne tante - quest'anno sono 28 - mi emoziona moltissimo. Sono curiosissima di scoprire cosa vedono i giovani, come immaginano il mondo, anche perché la maniera in cui immaginano il mondo i vecchi governanti mi ha un po’ stufato, quindi spero di vedere qualcosa di imprevedibile". Alice accenna poi alla sua opera prima: "Se penso a Corpo celeste, quello che mi fa piacere è che sia stato un film completamente libero, e vederne anche gli errori e le imperfezioni ancora oggi è veramente prezioso. Forse la cosa peggiore che può succedere a un regista è fare un primo film perfetto".

La selezione di Cannes 2025 si distingue per un discreto numero di film diretti da donne. Chiediamo ad Alice se davvero nel mondo del cinema si stia raggiungendo la parità fra i sessi: "La situazione cambierà definitivamente quando non ne dovremo più parlarne, in ogni modo sono molto felice di far parte di questa trasformazione. Finalmente le donne si sono coalizzate. Io lotto perché ci siano sempre più registe e perché nello sguardo femminile vedo qualcosa che arricchisce tutti: non solo le donne, ma anche gli uomini. Ci dicono che le parole sono solo chiacchiere, ma è evidente che invece l'unione abbia fatto la forza trasformando le parole in azioni, ovviamente anche giudiziarie”.

Infine la Rohrwacher, che lavora molto con la Francia, parla delle difficoltà che molti autori incontrano nel fare film in Italia: "Lavorare in Italia è complicato, perché io sono innamorata dell'Italia e quindi, come tutte le storie d'amore, anche la nostra è complessa e straziante, e lo è perché chi amiamo ci fa soffrire di più. Credo che l'Italia sia un paese incredibile con una biodiversità dello sguardo immensa. Purtroppo la sua ricchezza non è messa in risalto o considerata importante, e questo mi dispiace perché in Italia la cultura sta diventando solo cultura enogastronomica. E invece la cultura è altro, è il precipizio, il bordo, la frontiera, è ciò che ci permette di cambiare le nostre convinzioni e le nostre credenze e di riuscire a trasformare il nostro sguardo, perciò spero che l'Italia si renda conto del valore dei suoi 'figli'. C'era un personaggio ne La Chimera che si chiamava Italia e che nascondeva i figli sotto il letto per non farli vedere a nessuno. Ho voluto mettere questa immagine perché rappresenta ciò che fa il mio paese, che ha dei figli bellissimi ma li nasconde dagli sguardi degli altri, non rendendosi conto che questi figli sono il nostro futuro".

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