Nottefonda, la recensione: un viaggio dal buio alla luce nella sorprendente opera prima del Nest

02 maggio 2025
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L'opera prima di Giuseppe Miale di Mauro e dei suoi sodali del Nest-Napoli Teatro Est, è un coinvolgente viaggio notturno nel dolore della perdita con degli straordinari protagonisti. La recensione di Daniela Catelli.

Nottefonda, la recensione: un viaggio dal buio alla luce nella sorprendente opera prima del Nest

Ciro è un uomo disperato, dopo la morte della moglie in un incidente d'auto. Percorre di notte incessantemente la strada dove si è verificata la tragedia, alla ricerca della macchina che l'ha causata. Con lui il figlio Luigi, a cui chiede conforto e informazioni. Non lavora, fuma il crack per attutire il dolore, rifiuta l'aiuto degli amici e i consigli della madre che soffre per lui. Ma al termine di una notte come tante riuscirà a uscire dall'incubo e intravedere una nuova alba di speranza.

Nel 1992 l'esperienza di Teatri Uniti arrivava al cinema col primo film di Mario Martone, Morte di un matematico napoletano. 33 anni dopo, quella decennale di un'altra bella realtà teatrale napoletana, la più periferica Nest (Napoli Teatro Est) porta al cinema con Nottefonda una storia firmata (assieme a Bruno Oliviero e Francesco Di Leva) e diretta dal regista della compagnia, Giuseppe Miale Di Mauro, e interpretata dai membri fondatori del teatro, in una ideale continuità culturale e sperimentale, che ci fa pensare, senza tema di retorica, quanta ricchezza e umanità Napoli apporti da sempre allo spettacolo e alla cultura del nostro Paese. Cronologicamente parlando, gli attori e il regista del Nest sono i nipotini dell'esperienza di Martone/Servillo/Curti, da cui si distaccano tematicamente per una maggiore aderenza ai luoghi, alla strada, alla periferia meno rappresentata se non come sfondo di storie di camorra e criminalità.

Nottefonda è ambientato in un luogo geograficamente poco riconoscibile dallo spettatore, che potrebbe essere ovunque, ma che è noto agli autori e agli attori, visto che è proprio nella parte est della città, a San Giovanni a Teduccio, che hanno il loro teatro. L'ambientazione notturna e portuale, tra strade, bar/autogrill luminosi che sembrano usciti da un dipinto di Hopper, ponti e gallerie, toglie ogni calore a posti che vediamo solo nella luce artificiale e che ricordano anche certi paesaggi nordici. “La strada degli americani”, il bellissimo ma crudele e straziante romanzo di Miale di Mauro da cui gi autori hanno preso spunto per dare ad uno dei protagonisti un riscatto assente dal libro, è la Circonvallazione Esterna di Napoli, dove Ciro gira ogni notte, seppellendo i cani uccisi nei combattimenti clandestini, facendo le stesse domande ad uno stanco e anziano barista e fumando a mo' di anestetico il crack da una bottiglietta. Nella notte particolare in cui si svolge la narrazione, incontra anche Carmine, un amico il cui suocero ha tentato il suicidio dopo esser stato licenziato, che vuole il suo aiuto per vendicarsi, e il fratello di lui che gli offre un lavoro serio, che lui continua a rifiutare. C'è la madre che lo aspetta disperata, ma anche un ragazza che abita nel suo palazzo e fa la cassiera al luna park, che gli regala un momento di serenità. E c'è l'amore per il figlio e il terrore di perderlo, mentre nella mente si affollano i ricordi di chi è uscita di casa per non fare più ritorno.

A guidarci in questo smarrimento totale conseguente alla perdita, in un vero e proprio viaggio al termine della notte, sono padre e figlio, nella finzione e nella vita: il talento conclamato di Francesco Di Leva, che negli occhi, nel sorriso, nella voce e nel linguaggio del corpo ci porta dentro a un dolore inimmaginabile, e quello emergente di Mario Di Leva, che con freschezza e innocenza di ragazzino rende il suo Luigi credibile e vero. Ci sono poi la grandiosa madre dolente di Dora Romano, il tormentato Carmine di Adriano Pantaleo e l'affettuosa vicinanza del Rosario di Giuseppe Gaudino, la dolcezza di Chiara Celotto, la moglie sognata di Valeria Colombo. Si capisce che Nottefonda nasce da un collettivo molto unito, ma è altrettanto chiaro che è un film che può contare sulle qualità degli individui che lo compongono e che dimostrano il loro affiatamento anche davanti alla macchina da presa. Giuseppe Miale di Mauro alla sua prima regia per il cinema non cede mai alla tentazione di fare teatro, nemmeno quando i suoi protagonisti sono rinchiusi nell'abitacolo di un'automobile. Contrappuntata dalle belle musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, la tragedia umana di Ciro si apre alla speranza dopo una svolta narrativa sorprendente, capace di arricchire di senso la storia - per questo vi consigliamo di leggere il romanzo solo dopo aver visto il film - e la nostra esperienza di spettatori che hanno seguito col cuore in gola le sue peregrinazioni disperate: anche nella più buia notte dell'anima, la luce della coscienza può riaffiorare e offrire un'ancora di salvezza.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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