Interviste Cinema

Un altro piccolo favore: intervista esclusiva a Paul Feig, regista che ama le donne a tre dimensioni e sfida i pregiudizi

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Dal primo maggio tornano su Prime Video in Un altro piccolo favore i personaggi di Stephanie ed Emily, le nemiche/amiche rese celebri nel film del 2018. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Paul Feig, ancora una volta dietro la macchina da presa del sequel.

Un altro piccolo favore: intervista esclusiva a Paul Feig, regista che ama le donne a tre dimensioni e sfida i pregiudizi

Il primo maggio arriva su Prime Video Un Altro Piccolo Favore, un sequel che forse, dopo tanto tempo, nessuno si aspettava. Nel 2018 Un piccolo favore, la commedia gialla tratta dal romanzo di Darcey Bell, presentava l'inedita e affiatatissima coppia di nemiche/amiche Emily e Stephanie, formata da Blake Lively e Anna Kendrick. Il film fu molto apprezzato e il regista Paul Feig, autore di spassose commedia come Le amiche della sposa, il Ghostbusters al femminile e Corpi da reato ma anche creatore con Judd Apatow della serie cult Freaks and Geeks, ha deciso per la prima volta di cimentarsi con un seguito, tanto si era innamorato dell'affiatato duo protagonista. Un Altro Piccolo Favore è ambientato a Capri (o Caprì, come dicono in originale gli americani), dove Emily si prepara a sposare in un matrimonio principesco il ricco rampollo di una... (ig)nobile casata. Ma non era finita in prigione alla fine di Un Piccolo Favore? Le vie della legge sono infinite e scoprirete vedendo il film come e perché la bellissima e pazza Emily è riuscita a tornare in libertà e torna a cercare Stephanie, che ora ha un vlog sul crimine e che è proprio quella che l'ha mandata in prigione, per invitarla alle nozze. Noi abbiamo avuto il piacere di parlarne col regista Paul Feig (si pronuncia “Fig”), uomo di rara simpatia ed eleganza (dapper, lo definirebbero gli anglofoni), che ci ha raccontato molte cose sul film, sui protagonisti (nel cast ci sono anche gli italiani Elena Sofia Ricci, Michele Morrone, Lorenzo De Moor e Max Malatesta), sugli stereotipi da rovesciare, sulla colonna sonora e su quella particolare scena finale.

Iniziamo chiedendogli come mai, dopo tutto questo tempo, gli sia venuta l'idea per un sequel che stavolta non ha alla base un romanzo ma è una storia totalmente originale.

Ho sempre amato il primo film e quei due personaggi, ma in genere non faccio sequel, solo che Un piccolo favore ha avuto un successo crescente in streaming e siamo stati contattati per farne un seguito. Mi sono chiesto cosa potevo fare e tutto quello che avevo in mente era che volevo ricreare questo matrimonio Vip che si era svolto a Capri, quello di Giovanna Battaglia (celebre imprenditrice di moda, ndr) qualche anno fa, e quindi ho pensato di portare Emily e Stephanie là, in questo fastoso matrimonio con quello che succede intorno, ne ho parlato con i nostri sceneggiatori che sono partiti da questa idea. Abbiamo scritto una prima sceneggiatura, ma l'ho scartata perché mi sono reso conto che non sarebbe piaciuta ai fan del primo film e dunque ci abbiamo rimesso mano ed è nata quella che è diventato il film. E' stato un processo durato un paio d'anni.

Uno dei punti forti di questi film è l'intesa straordinaria tra le due protagoniste, Anna Kendrick e Blake Lively, fisicamente agli antipodi come i loro personaggi, ma che sembrano nate per recitare insieme.

Sì, hanno un'intesa fantastica, io resto sempre, se non sorpreso, ammirato nel vederle insieme, perché si capisce che sono amiche e vanno d'accordo anche fuori scena, ma c'è qualcosa che scatta quando sono davanti alla macchina da presa. Ad esempio la scena di loro due in piscina l'abbiamo girata due o tre giorni dopo l'inizio delle riprese, quando stavano appena riscoprendo i personaggi, e sono rimasto a bocca aperta per come è riuscita subito benissimo. Ci sono attori e attrici che semplicemente sono compatibili.

Feig dimostra anche qua di non aver paura degli stereotipi, ma di saperli usare e stravolgere in commedia, cosa che è un po' una caratteristica del suo cinema.

Mi piace far vedere dei personaggi che pensi di conoscere, farne delle specie di stereotipi e poi iniziare a stravolgerli e sorprendere il pubblico. Perché tutti conoscono i tropi di un genere ed è da lì che io ricavo la comicità, sovvertendo le aspettative e rendendo il personaggio molto estremo, facendogli dire e fare cose per cui il pubblico rida e dica “non riesco a credere che fatto questo”. Viviamo in un'epoca in cui è facilissimo che la gente si offenda: dopo il caso di “Caffé Espresso” di Tommy Cash, qualcuno potrebbe sentirsi toccato dalla rappresentazione che gli americani fanno degli italiani, ma Paul Feig ci dice che senza cattiveria si può scherzare su tutto, o quasi. Ci sono tante persone anti woke e simili che dicono “oggi non si può più dire niente”. Io non sono uno di quelli ma non voglio offendere nessuno. La mia regola è: “non prenderti gioco di quello che la gente non può cambiare di se stessi”, come i difetti fisici o cose del genere. Ma se vuoi divertirti non devi essere per forza cattivo. C'è sempre il rischio che qualcuno si offenda per qualcosa ma io sono stato molto fortunato perché la gente capisce il tono, sa che non è fatto con cattiveria. Quando sentono che gli attori dicono qualcosa di cattivo magari ci restano male ma capiscono che scherziamo, sono persone che si prendono in giro a vicenda. A volte vedo le cose da cui la gente viene offesa e non voglio farlo. Mi è capitato un paio di volte in un film che la gente si sia offesa. Quando abbiamo fatto Corpi da reato, c'era questo personaggio albino e si è offesa perché era il cattivo, ma era una presa in giro di tutti questi film in cui il cattivo è albino. Ma poi ho ricevuto una lettera da una donna che aveva un figlio albino e mi ha scritto “questo non lo aiuta” e mi sono sentito malissimo per questo, perché mi sono reso conto che prendevo in giro qualcosa che non si poteva cambiare di una persona.

Una delle cose, gli diciamo, che apprezziamo nelle sue commedie è il suo modo di rappresentare le donne (e di utilizzare le attrici) che sono al tempo stesso intelligenti, folli, fragili, divertenti e cattive, insomma come individui completi.

Mi sono stufato di vedere nel corso degli anni così tanti ritratti monodimensionali delle donne al cinema, specialmente nelle commedie, perché la commedia è in genere incentrata sugli uomini e le donne stanno lì come decorazioni, per essere prese in giro, sono la donna orribile da cui fuggire, la moglie terribile o la mamma o la fidanzata scema. Io conosco tantissime attrici comiche piene di talento e quando le vedo appiattite nei film mi dà così tanto fastidio che ho voluto realizzare dei ritratti tridimensionali delle donne. Del resto non mi piace neanche il personaggio della donna forte che si vede spesso nei film perché anche quella mi sembra una rappresentazione monodimensionale. Così ho voluto che tutte fossero folli, intelligenti e sciocche, tutto quello che tutti noi siamo, contemporaneamente. E lavorando con donne di grande talento, sia davanti che dietro la macchina da presa, e il fatto che siano loro a dirmi che qualcosa che propongo è qualcosa che non farebbero, è la mia risorsa maggiore per assicurarmi che i loro personaggi siano tridimensionali.

Blake Lively con lui ha tirato fuori inaspettate doti comiche, eppure molti pensano che una bella donna non possa essere divertente:

Non ci sono regole sul fatto che se hai un certo aspetto non puoi essere divertente, sta tutto nel come utilizzi al meglio quella persona. Blake è una persona davvero interessante perché nella vita reale non somiglia affatto a Emily, è molto dolce in realtà, è una mamma molto attenta, ma poi entra senza sforzo nel personaggio e penso che per lei sia divertente interpretare quel lato. Poi il personaggio è cucito su misura delle potenzialità di chi lo interpreta e questo è il motivo per cui quando lavoro per la prima volta con un attore mi piace andarci a pranzo insieme in modo da poterci parlare e capire cosa ha di divertente o di interessante che normalmente non si vede sullo schermo. Mi diverte molto il fatto che ci sia un lato che non si conosce e che riesco a portar fuori in un film.

A differenza di Un piccolo favore, che ruotava intorno a un triangolo, qua c'è un impianto più corale. Cosa ha cambiato nell'approccio alla storia?

In genere non faccio sequel perché il motivo per cui il primo film funziona, se funziona, è perché scopri questi personaggi per la prima volta, e le loro interazioni, alla fine del film giochi su quello. In questo caso abbiamo potuto prendere questi due personaggi di cui conosciamo le dinamiche e mandarle in questo mondo con tutta questa gente intorno, in mezzo ad altre influenze e altri pericoli. Questo espande la loro relazione e porta tutte queste altre in modo che non si tratta di una ripetizione di quello che abbiamo già stabilito, perché non vogliamo tornare indietro ma andare avanti. Chiaramente Stephanie ed Emily portano le loro dinamiche e la loro sfiducia l'una verso l'altra dal primo film, ma ora si relazionano in un nuovo ambiente. Il loro rapporto si sviluppa perché in pratica Stephanie deve scoprire che Emily non sta cercando di ucciderla e Emily è costretta ad ammettere che l'ha portata lì perché ha proprio bisogno di lei e penso che questo sia divertente e arricchisca la loro relazione in modo inedito.

Paul Feig ci spiega come ha scelto il cast italiano:

Avevamo tutti questi ruoli e volevo degli attori che fossero davvero italiani, è saltato fuori il nome di Michele:Morrone. Non ho visto i tre 365 giorni, sono quei film che nessuno ha visto ma di cui tutti sanno tutto, ma solo delle foto e l'ho trovato fantastico, poi ho visto il suo curriculum. Un giorno ci siamo incontrati per un caffè e non appena è arrivato ho capito che era perfetto. E' molto affascinante e divertente e quel ruolo può essere, come dicevamo prima, molto stereotipato, ma volevo che fosse un uomo affascinante e lui lo è, oltre ad essere di natura molto divertente e spiritoso. Per quanto riguarda Elena Sofia Ricci, non appena l'ho vista di persona ho deciso che il ruolo era suo. Per me è stato quasi imbarazzante fare un provino ad una delle migliori attrici italiane ed è stata una gioia lavorare con lei. E poi Lorenzo De Moor, che interpreta l'antagonista di Michele, è altrettanto fantastico ed è anche un musicista: una delle sue canzoni la sentiamo nel film, nella scena in cui l'aereo sta atterrando.

A proposito della colonna sonora, che comprende anche Angelina Mango nei titoli di coda, ma non solo, come l'ha scelta?

So che "L'Italiano" di Toto Cotugno è una canzone controversa ma gli americani non la conoscono e volevo fargliela conoscere. Ascolto parecchia musica italiana e ogni giorno quando andavo sul set, il mio autista accendeva la radio e sentivo le canzoni più popolari e così ho sentito la canzone sui titoli di coda, di cui è stata fatta una versione estesa per noi. E' divertente trovare delle canzoni italiane che non siano usate di continuo nei film americani, come le canzoni di Mina o Andrea Bocelli, non volevo mettere le solite cose perché mi piace scoprire cose nuove, come abbiamo fatto col primo film col pop francese. E amo molto il pop europeo degli anni Sessanta. Lo trovo molto divertente e sprigiona una grande energia.

Paul Feig ci parla in chiusura del finale aperto (ci sarà un terzo film?) e, ridendo, ci dice come è nata quell'ultima scena alla Fontana di Trevi...

Chissà, speriamo, trovo questi personaggi molto divertenti e mi sembrava il modo giusto di concludere. Abbiamo girato a Capri una settimana e mezzo all'inizio e poi tutti gli interni qua. Io risiedevo qua qua all'Hotel Eden e nelle mie passeggiate mattutine andavo in giro per il centro e quando sono passato dalla fontana di Trevi ho pensato che mi sarebbe piaciuto farci entrare Blake Lively! E' diventata un'ossessione quindi ho scritto quella scena ma io la volevo proprio nella fontana come Anita Ekberg nella Dolce Vita. Mi è stato detto, letteralmente: “se fai una cosa del genere ti bandiremo per sempre dall'Italia!”. Per un po' ho continuato a insistere, poi ho chiesto a degli amici italiani che mi hanno detto che qualcuno che segue le regole è – non ricordo la parola esatta ma era un insulto – e mi hanno detto “vai e girala!”. Quando siamo arrivati a fare quella scena, che era l'ultima che abbiamo girato, sono arrivati un sacco di poliziotti e se lei fosse entrata nella fontana ci avrebbero preso ed espulso dal Paese quindi lei è rimasta seduta sul bordo.

Un altro Piccolo Favore è disponibile su Prime Video dall'1 maggio.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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