Andor 2, la recensione della migliore serie di Star Wars dopo The Mandalorian
L'avevamo già intuito dal crescendo della prima stagione: Andor è merce preziosa nell'universo di Star Wars. La seconda stagione conferma tutto il bene possibile di questa matura e complessa tessitura drammatica e politica, ideata con gran classe da Tony Gilroy. Ecco la nostra recensione.
Cassian (Diego Luna), un eroe sempre sul punto di mollare tutto per amore della compagna Bix (Adria Arjona). Luthen (Stellan Skarsgaard) e Kleya (Elizabeth Dulau), finti antiquari e scintille di una rivoluzione. Mon Mothma (Genevieve O'Reilly), una senatrice che affronta l'Impero sul piano istituzionale e su quello segreto. Dedra Meero (Denise Gough), membro dell'Imperial Security Bureau in ascesa, incaricata di proteggere le operazioni imperiali sul pianeta Ghorman, mentre cede al cuore ricambiando il vessato impiegato Syril Karn (Kyle Soller). Tra di loro, decine e decine di personaggi che mettono in scena la realtà concreta di una società dittatoriale, tra chi la gestisce e chi vi resiste.
La prima stagione di Andor nel 2022 ci aveva spiazzato: la prima metà carburava lentamente, ma quando la narrazione ingranò, pensammo di trovarci di fronte a una delle migliori interpretazioni della galassia lontana lontana ideata da George Lucas in Star Wars. La critica apprezzò, il pubblico anche, così da showrunner Tony Gilroy torna alla carica, organizzandosi anche meglio: la seconda stagione di Andor infatti è articolata in quattro capitoli, costituiti ciascuno da tre episodi. Ogni capitolo copre un anno che separa la fine della prima stagione da ciò che accadrà nel film Rogue One: A Star Wars Story (2016) e naturalmente in Guerre stellari (1977). Già quest'articolazione temporale dà al racconto corale un respiro epico difficile da esprimere a parole: come noterete, lasciare i personaggi al termine di un capitolo, trovarli in situazioni leggermente diverse all'inizio del successivo, alimenta quell'idea di un trascorrere del tempo fatale, che trascina tutto e tutti, da qualsiasi parte stiano. Una sensazione che arriva sottopelle, senza che magari lo realizziamo. In più, se rimane la curiosità di sapere cosa accadrà a breve/medio termine, il destino finale di Cassian è noto a tutti, perché già raccontato in Rogue One: come già successe per Anakin inesorabilmente futuro Darth Vader nella trilogia prequel, una sorta di spoiler diventa uno strumento per caricare di valore drammatico le vicende.
Sì, Andor 2 è drammatica. È anche avventurosa, ricca di suspense, spettacolare, passionale... ma è soprattutto drammatica. È uno dei rarissimi casi in cui sconsiglieremmo risolutamente la visione al pubblico più giovane: ci sono scene dal contenuto molto forte e persino violente, non tutte esplicite ma comunque amare e spietate. Gilroy e i suoi sceneggiatori (suo fratello Dan, Beau Willimon e Tom Bissell) riducono a percentuali quasi insignificanti l'umorismo, che emerge di rado, sarcastico e beffardo, certo non liberatorio. Quello che conta è che TUTTI i personaggi, appartengano alla Ribellione o all'Impero, hanno scommesso le proprie esistenze sulle rispettive cause, per cui per gli autori meritano tutti la nostra empatìa (non necessariamente la nostra giustificazione, s'intende). La precisione della scrittura non tratta nessuno dei personaggi principali come una macchietta stereotipata, così la statura tragica di questi uomini e queste donne fa un salto di qualità che non vi lascerà indifferenti. Quanti valori vengono sacrificati in una società che sprofonda nell'assolutismo? E la retorica della "cosa giusta da fare" basta davvero a rimarginare ferite private profonde? Forse avrete delle risposte al termine dei dodici episodi, forse come noi cadrete nella trappola di Gilroy e soci, rimarrete solo commossi davanti a un'umanità che nel mondo di Star Wars ripete gli stessi errori che commette o addirittura impugna nel nostro.
La forza delle sceneggiatura, chiudendo un occhio su un paio di dimenticanze o accelerazioni che non possiamo descrivervi per evitare spoiler, viene servita al meglio dal modo in cui il progetto ha preso vita. Il cast è strepitoso, con Luna e Skarsgaard perfetti, e la coppia Gough-Soller a seguire, ma la Mon Mothma di Genevieve O'Reilly, tra sicurezza e cedimenti trattenuti, non è loro da meno. Si rischia davvero di fare torto a tutti gli attori e le attrici che hanno il loro momento di gloria solo per qualche episodio, eppure contribuiscono al suddetto respiro dell'insieme, all'affresco: l'impostazione di Ben Mendelsohn col suo diabolico Orson Krennic vale l'ascolto in lingua originale. Tutti si muovono nel production design di Luke Hull, che su ben dodici episodi ci fa toccare con mano la vita di chi abita Star Wars, in strutture pubbliche o private, in una quotidianità che si veste di contesti molto vari e ricchi. In alcune specifiche puntate, il montaggio parallelo crea una suspense speciale, intrecciando diverse situazioni tensive, sempre in nome di un'epica corale (alcune sono montate da John Gilroy, altro membro della famiglia).
Ma se ci siamo così esaltati con la seconda stagione di Andor, divorando le dodici puntate che Tony ha voluto vedessimo interamente anche noi giornalisti in anteprima (è raro), perché non ci sbilanciamo e dichiariamo che questa è la migliore serie di Star Wars? Non escludiamo che potrebbe diventarlo per qualcuno... e ha tutte le qualità tecniche e artisti per riuscirci, come abbiamo spiegato. Per conquistare la sua preziosa identità, un obiettivo che altri autori di serie di Star Wars hanno inseguito, a differenza di lui perdendosi strada facendo, Gilroy deve però consapevolente rinunciare ad alcuni elementi importanti del ciclo: l'anima più fiabesca con creature e humor, la Forza, le spade laser e i cavalieri Jedi. Non che se ne senta la mancanza, grazie alla coerenza dell'approccio, però a nostro modesto parere al dosaggio più vicino a quello di papà George Lucas si sono avvicinati meglio Jon Favreau e Dave Filoni con The Mandalorian (nello specifico nelle prime due stagioni). Se ci si fa caso, nulla di ciò che Andor 2 racconta è esclusivo di Star Wars: si potrebbe "tradurre" il racconto sul pianeta Terra, al gioro d'oggi, tra di noi, parlando della dittatura in un vasto continente, e la stragrande maggioranza delle scene rimarrebbe identica.
Se tuttavia Andor 2 non può rappresentare il punto più alto di Star Wars in assoluto, è per noi senz'altro ciò di cui Star Wars aveva disperatamente bisogno adesso. Con la necessità commerciale di mandare avanti il marchio a oltranza, aprirsi ad autori del calibro di Tony Gilroy, lasciare che entrino nella saga da un punto di vista diverso, sarà sempre più necessario per non sprofondare nel riciclo più stanco e nelle narrazioni vuote.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"