Enzo, educazione sentimentale e di classe nel film postumo di Cantet con Pierfrancesco Favino: la recensione
Ha aperto la Quinzaine a Cannes il film postumo di Laurent Cantet diretto dal suo collaboratore Robin Campillo. Il figlio di una coppia alto borghese alle prese con la voglia di fare il muratore e un'educazione sentimentale e sessuale in Enzo, con Pierfrancesco Favino. La recensione di Mauro Donzelli.
Ha saputo raccontare i giovani come pochi, con la credibilità di chi si è insinuato in una classe scolastica, ma anche mettendo di fronte un neolaureato e un padre in fabbrica da decenni. Laurent Cantet ha sempre messo al centro del suo cinema la società, prendendo posizione contro la più remota mobilità dei lavoratori, sempre dal punto di vista delle classi sociali più in difficoltà. Ultimo giapponese della lotta di classe, e come tale interessato ai giovani, con la loro energia in grado di non arrendersi alla condizione di nascita. Tanto che si riconosce bene come Enzo sia un suo film, almeno fino a pochi giorni prima delle riprese, dopo averlo sceneggiato e preparato fino alla scelta del cast.
Purtroppo la sua morte ha reso questa storia, “un film di Laurent Cantet diretto da Robin Campillo”. Chi meglio di un suo collaboratore da sempre avrebbe potuto portarla a compimento, pur nella sua diversità, co-sceneggiatore molte volte e montatore ancora di più. Se i temi di Cantet, quindi, sono presenti, dalla condizione sociale ai giovani, aggiungendoci anche quel sud (La Ciotat, nei pressi di Marsiglia), splendidamente raccontato nel 2017 ne L’atelier, si ritrova anche il lavoro sull’identità, sui corpi e la sessualità, che caratterizza invece Campillo regista.
Siamo in piena estate in riva al mare, nel sud della Francia, dove il sedicenne Enzo è impegnato da alcuni mesi come apprendista muratore per un progetto scuola/lavoro in chiave transalpina. È un lavoro che gli piace, vuole continuare, anche se non sembra cavarsela troppo bene, viene spronato dal suo capo e da un collega ucraino al cantiere, Vlad, venticinque anni e la testa sul fronte di guerra del suo paese. Il padre del ragazzo non è entusiasta della decisione, gli sembra che il muratore non sia un percorso di carriera accettabile per suo figlio, che la sera rientra nella splendida villa di famiglia, spronato dai genitori a riprendere gli studi e a seguire una passione “più borghese”.
Enzo è sedotto dalla concretezza del lavoro manuale, lui che disegna molto bene, ma fra i mattoni e la calce sente probabilmente qualcosa di materico che lo conforta, mentre la leggerezza della sua casa tutta vetri e vista sul mare risulta soffocante. Vetri contro i mattoni, la sensazione di costruire qualcosa rispetto a una casa percepita sempre come “dei miei”, una maglietta sudata e un berretto al sole contro gli abiti estivi di lino e un bicchiere di rosé a bordo di piscina. Identikit perfetto dei genitori, interpretati dalla sempre impeccabile Elodie Bouchez e da Pierfrancesco Favino, perfettamente a suo agio con il francese e nel ruolo di un padre spaventato, dal perdere l’autorità della sua figura patriarcale direbbero alcuni, ma a noi sembra soprattutto dall’incapacità di azzeccare un tono e una parola con il figlio.
Un padre che vorrebbe vivere la pesantezza dell’adolescenza al posto di Enzo, che invece ha voglia di ribellarsi, come la sua età impone, di scoprire e uscire dalla sicurezza e dalla sua vita inquadrata di “bravo ragazzo”. Per lui Vlad rappresenta (anche) il fascino di una dinamica drammatica che con ingenuità percepisce come un brivido. Ogni giorno cercano di dare forma a quel materiale edilizio, mentre in Ucraina arrivano notizie (e video sul telefonino) di macerie e di chi la propria casa rischia di vederla distrutta. Enzo è un affascinane sguardo su un’età irrequieta, dal ritmo spiazzante e discontinuo e un esito imprevedibile, interpretato ottimamente dall’esordiente Eloy Pohu, che si muove spaesato in un film politicamente fuori moda e forse ingenuo, proprio come caratteristica dell'età del suo giovane protagonista.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito